Ho dolore alle mani, soprattutto il mattino, sarà artrosi? O avrò l’artrite?

Ho dolore alle mani da molto tempo e la comparsa di deformità alle dita: ce l’aveva anche la mia mamma, ma è ereditaria? Diventerò come lei, con tutte le dita storte?

Ho dolore alla base del pollice che si sta deformando e non riesco più ad aprire i barattoli e mi cadono gli oggetti dalle mani, ma il mio medico mi ha detto che non c’è niente da fare, è vero?

Queste sono le domande che mi sono sentito più frequentemente rivolgere in 30 anni di Chirurgo del Polso e della Mano.
Oggi posso rispondere che rallentare e controllare il decorso è possibile sia che si tratti di comune “artrosi primaria” che della più “temuta” artrite reumatoide.

La diagnosi differenziale è data dalla differenza dell’esordio del dolore. Nell’artrosi di solito insorge la sera dopo l’utilizzo dell’articolazione colpita, mentre nell’artrite reumatoide il dolore pulsante alle articolazioni insorge a riposo e/o di notte, causando anche il risveglio, mentre la tipica rigidità mattutina migliora con il movimento. L’artrite reumatoide può comparire ad ogni età, e spesso può esserci una fase di esordio silente o un tempo subdolo fatto di segni sfumati che tuttavia minano il benessere e la serenità del paziente. Può svilupparsi e progredire in modo rapido o più lento, o andare in remissione. Se non trattata in pochi anni, può causare deformazione delle articolazioni colpite con disabilità importanti e determinare un accorciamento della vita per il coinvolgimento sistemico. Per questo è necessario che la diagnosi sia precoce, prima dello sviluppo di significativi danni articolari.
Nel sospetto di artrite reumatoide, anche prima della visita specialistica reumatologica, è consigliabile l’esecuzione di esami strumentali ( Rx delle articolazione sede di dolore e rigidità) e di esami ematici (es. indici infiammatori, Fattore Reumatoide e anticorpi anti-peptidi citrullinati – Ab-anti-CCP). E’ noto che la sensibilità e la specificità del solo Fattore Reumatoide non sono ottimali; può essere negativo in persone con segni di Artrite Reumatoide e positivo in persone che non ne sono affette. Alcuni studi hanno dimostrato una superiorità degli anticorpi anti-CCP nella sensibilità e specificità per l’Artrite Reumatoide, in particolare per la capacità proprio di fornire diagnosi precoci.

Si tende oggi a considerare l’ambiente alla base di fattori epigenetici come il fumo, stati infiammatori cronici come la periododontite o il microbioma intestinale, che sembrano essere coinvolti nell’Artrite Reumatoide. Ma la reazione autoimmune rimane latente per anni, rimane sottotraccia, il malato non ha niente, non ha sintomi se non la presenza nel sangue nel 60-70% degli autoanticorpi (anti-citrullina). Il 30-40% è comunque sieronegativo, però quando il clinico intercetta questi autoanticorpi anche in un soggetto asintomatico, o che da tempo lamenta dolori articolari, deve portare a casa il pensiero che quel malato probabilmente diventerà un artritico e quindi non deve perdere molto tempo a prenderlo in carico in modo tale da avviare appena possibile, non appena il sintomo compare, la terapia che oggi è assolutamente molto più efficace rispetto ad un tempo.

Cosa c’è di veramente innovativo oggi quando parliamo di Artrosi?

Le raccomandazioni dell’EULAR ( European League Against Rheumatism ) sono aggiornate al 2018 e riguardano la Terapia Farmacologica (analgesici e FANS topici o per via orale, condroprotettori, cortisonici, terapia specifica per la Artrite reumatoide, nuovi farmaci biologici, trattamenti intra-articolari di cortisone e acido ialuronico), la Terapia non-farmacologica (educazione, dieta, attività fisica, economia articolare e protezione con tutori, igiene di vita), e il Trattamento riabilitativo ( cure termali, terapie fisiche, protocolli riabilitativi individuali post-chirurgici), ma l’innovazione principale oggi è poter contare su di Team integrato di specialisti clinici (dietologo, internista, reumatologo, ortopedico, Fisiatra, fisioterapista, Chirurgo del Polso e della Mano) e che genera una possibilità straordinariamente importante. ( Efficacy and safety of non-pharmacological, pharmacological and surgical treatment for hand ostheoarthritis: a systematic literature review informing the 2018 update of the EULAR recommendations for the management of hand osteoarthritis. RMD, October 2018 )

Le più importanti Innovazioni le troviamo in campo chirurgico e consistono in nuovi materiali biocompatibili, nuove tecniche di chirurgia tradizionale ( per intenderci a cielo aperto ) e il ricorso ormai codificato alla Artroscopia, con cui trattare in modo veramente mini-invasivo la sindrome del tunnel carpale, frequentemente associata all’artrosi o o artrite reumatoide, alcune artrosi selettive del polso e della mano e giungere comunque ad una diagnosi precisa ( con prelievo di tessuto sinoviale per esame istopatologico ad esempio, a confermare il sospetto o meno di artrite reumatoide) o quando le indagini radiologiche ( Rx, Eco, Tac “cone beam”, RM ) non sono state dirimenti sulla strategia chirurgica più appropriata.

Numerose sono le Soluzioni Chirurgiche, suddivisibili in base alla sede e estensione del processo artritico o artrosico, considerando tuttavia che l’artrosi post-traumatica è oggi sempre più frequente. In effetti nella storia dei pazienti relativamente ancora giovani ( 40-50 anni ), dediti ad attività lavorative pesanti o particolarmente usuranti, ma anche ad attività sportive con richieste sempre più atletiche, si trovano spesso episodi traumatici che sono stati inizialmente sottovalutati al loro esordio ma che si ripresentano in modo subdolo a distanza di anni ( anche 20 dal traumatismo iniziale ) con una grave limitazione funzionale dolorosa.
E quando proponi al paziente una soluzione che preveda l’artrodesi ovvero il “bloccaggio” di quell’articolazione il paziente si preoccupa notevolmente, tende a rifiutare il concetto del “blocco” del polso. Ma le novità in tema di tecniche chirurgiche, di dispositivi e di materiali biocompatibili rendono questa chirurgia sempre più affidabile con risultati duraturi (https://chirurgiadellamanobrescia.it/atlas-on-carpal-fusions/).

Oggi è possibile fornire ai pazienti e al MMG lo strumento del web per avere informazioni su queste nuove tecniche chirurgiche, oltre ad una “Assistenza H-24” dedicata al MMG (https://chirurgiadellamanobrescia.it/ponici-un-quesito/)
Un’altra novità consiste nel fatto che il paziente, al quale viene proposto un intervento chirurgico apparentemente complesso , possa entrare in contatto con pazienti che hanno già subito l’intervento (https://chirurgiadellamanobrescia.it/soluzioni-chirurgia-mano/trattamenti-per-la-rizoartrosi/) affinchè la scelta sia più serena.

A livello del Polso il “bloccaggio” ovvero le artrodesi possono essere Parziali o Totali.
Le Artrodesi Parziali, definite con l’acronimo MPP ( Motion Preserving Procedures ), sono tecniche chirurgiche finalizzate alla risoluzione del dolore “bloccando” solo le articolazioni colpite e a preservare così una certa quota di movimento articolare del polso. Sono le soluzioni più diffuse oggi quando si parla di “interventi di salvataggio” del polso. Vengono praticate o con la chirurgia tradizionale a cielo aperto o con la chirurgia artroscopica moderna, spesso combinando le 2 tecniche, affinchè l’intervento sia sempre più mini-invasivo e la ripresa funzionale dei pazienti, oggi sempre più giovani grazie alla diagnosi precoce e ad un lavoro multudisciplinare più efficace, sia sempre più rapida. Le soluzioni di “bloccaggio” sono le più varie e personalizzate e si basano sull’utilizzo di viti autoperforanti di ultima generazione che si affondano completamente nell’osso e creano condizioni di stabilità tali che il paziente è in grado di muovere il polso e di riprendere l’attività lavorativa molto più precocemente di un tempo, anche pochi giorni dopo l’intervento. E nel caso un capo articolare sia distrutto al punto che non possa essere più ricostruito o bloccato, questo può essere sostituito da particolari “spaziatori” ( costituiti da materiali con caratteristiche meccaniche simili a quelle dell’osso e perfettamente tollerate dall’organismo, basti pensare che sono per lo più costituiti dallo stesso materiale con cui si fabbicano le valvole cardiache sintetiche), “spaziatori” che si adattano alla morfologia della cavità articolare da riempire consentendo di mantenere il movimento evitando ancora per un po’ il “bloccaggio” di quella articolazione.

L’artrodesi o bloccaggio Totale del polso viene praticato quando il processo artrosico è diffuso a tutte le articolazioni il polso, per cui che non vi è più spazio per un movimento residuo di flesso-estensione del polso. Ma attenzione i movimenti di rotazione del polso come pure i movimenti delle dità rimangono liberi, per cui la limitazione funzionale che ne deriva non comporta una perdità di capacità lavorativa o di svolgere le attività quotidiane, guidare auto, moto, andare in bicicletta,….
Anche in questo campo le innovazioni tecnologiche sono importanti: sono a disposizione oggi impianti in Titanio a bassissimo profilo, che possono essere lasciati in sede senza creare alcun conflitto con i tendini, impianti che consentono di essere adattati alle variabili dimensioni del polso, che può essere bloccato nella posizione funzionale più favorevole a seconda del lato e della attività lavorativa svolta. Ed il recupero funzionale è veramente rapido. Il tanto temuto “bloccaggio “ del polso può inoltre essere simulato con l’utilizzo di tutori confortevoli di ultima generazione che consentono al paziente di “provare” la posizione di bloccaggio nella loro vita quotidiana e lavorativa, affinchè la decisione del paziente sia più serena.
E’ proprio questo l’intervento che spaventa, a torto, di più il paziente ed a questo proposito il sito web consente al paziente e/o al proprio medico curante di avere un “confronto “ diretto con pazienti che hanno già subito l’intervento, nel caso siano necessari ulteriori chiarimenti.

Confronto tra Paziente e Paziente: https://chirurgiadellamanobrescia.it/soluzioni-chirurgia-mano/trattamenti-per-la-rizoartrosi/

Assistenza continua con il MMG:
https://chirurgiadellamanobrescia.it/ponici-un-quesito/

Come pure nel campo delle Protesi Totali la tecnologia ha fatto molti passi avanti ( come del resto ha fatto in più noti distretti articolari come l’anca o il ginocchio). Oggi le protesi totali di Polso richiedono solo una minima resezione ossea per essere inserite e questo a tutto vantaggio della stabilità dell’impianto che dura in sede, senza la temuta sostituzione, per molti anni. Nei miei pazienti gli impianti sono in sede anche da più di 10 anni, e la cosa sempre più gratificante anche per il chirurgo è che il paziente è soddisfatto del livello funzionale che anche una minima escursione articolare consente di mantenere sia in attività lavorative che sportive. Certo, il processo infiammatorio deve essere ben controllato farmacologicamente quando si decide di intervenire, meglio se in una fase di remissione, ed il tessuto osseo di discreta qualità per garantire un risultato duraturo.
Le indicazioni a queste soluzioni complesse sono sempre più frequenti, e Gruppi di Studio Internazionali offrono oggi i database di ogni modello protesico come strumento utile nel percorso decisionale dei chirurghi che si specializzano in questa delicata branca dell’Ortopedia, al fine delle scelta del modello protesico ottimale per ogni paziente: i dati statistici di sopravvivenza degli impianti consentono oggi di considerare la Protesi Totale, per alcune categorie di pazienti, come la prima opzione di trattamento e non una “complessa” alternativa alla più “sicura” Artrodesi Totale di polso.

Rizoartrosi.

Nella Rizoartrosi, forse la più frequente forma di artrosi che può colpire le donne in una fascia di età molto larga ( 40-75 anni ) l’artrosi si localizza in una o tutte le 4 articolazioni della base del pollice (https://chirurgiadellamanobrescia.it/soluzioni-chirurgia-mano/trattamenti-per-la-rizoartrosi/) e si manifesta spesso come localizzazione isolata. Le innovazioni riguardano soprattutto le fasi iniziali, solitamente molto dolorose e limitanti la funzione della presa nelle normali attività quotidiane, per cui le pazienti giungono seriamente preoccupate. Se non si può proprio evitarne la ineluttabile progressione nelle forme di evidente ereditarietà famigliare possiamo prima di tutto tranquilizzare la paziente che il decorso non sarà ineluttabile verso il grado di deformità raggiunto dalla mano del genitore, che spesso hanno come esempio di riferimento quotidiano e quindi frustrante, ma possiamo prevenirne o rallentare l’evoluzione della malattia con alcune raccomandazioni apparentemente anche semplici ma che hanno comunque un certo sostegno scientifico. In linea generale noi ci atteniamo a quelle dell’EULAR ( European League Against Rheumatism ) aggiornate al 2018, raccomandazioni emanate dopo un revisione sistematica della letteratura relativa al trattamento non-farmacologico, farmacologico e chirurgico, con l’obiettivo primario di controllare i sintomi di esordio, dolore e rigidità, e di ottimizzare man mano che la malattia avanza la funzione della mano e la qualità della vita.

Le raccomandazioni riguardano consigli sul trattamento delle fasi iniziali della Rizoartrosi, in particolare sull’esecuzione ergonomica dei movimenti di prensione, sull’esecuzione di esercizi, insegnati dal terapista, per migliorare o mantenere la forza muscolare e sui tutori più validi per quel tipo di rizoartrosi e di deformità che il pollice va assumendo.

Il nostro approccio consiste nell’offrire alla paziente un “pacchetto” di prestazioni che ha la funzione di creare un rapporto di empatia con la paziente affetta da questa invalidante forma di artrosi. Una volta inquadrata la paziente nella sua globalità dal Fisiatra e dal Chirurgo della Mano, ed impostato il ciclo di cure fisiche più appropriato, la si affida al/alla terapista.

Il terapista “manipola” una rizoartrosi particolarmente deformata e la “prepara” a tutti gli step successivi: insegna esercizi per riacquistare il movimento delle articolazioni deformate e rigide, per mantenere o recuperare il tono muscolare dei piccoli muscoli che circondano la base del pollice, i muscoli tenari e 1° interosseo, muscoli contratti per la deformità in evoluzione da mesi o anni. La terapista consegna poi alla paziente uno schema per l’esecuzione di esercizi che farà a casa, una sorta di “compiti a casa”. Ecco che il paziente non si sente più abbandonato ( “non c’è più niente da fare, solo l’intervento chirurgico, ma ho paura” ) ma si senta accudito e in questo clima di fiducia si creano le basi per il lungo lavoro da svolgere e si sviluppa la collaborazione necessaria per un risultato funzionale ottimale.

Le raccomandazioni riguardano poi l’uso di farmaci antiinfiammatori, applicabili localmente o assunti per via orale, comunque sempre per periodi di breve durata, sugli integratori della cartilagine, sulle novità in capo nutrizionale e sullo stato dell’arte delle infiltrazioni intraarticolari di farmaci e di cellule staminali.

Un approfondimento meritano le infiltrazioni di acido ialuronico, le infiltrazioni di cellule staminali ed il ricorso ad indagini radiologiche sempre più accurate.

Le Infiltrazioni cortisone, da sempre ritenute efficaci nello stadio infiammatorio, sono andate via via sostituite dalle infiltrazioni di acido ialuronico, che oltre ad avere un’azione antiinfiammatoria, agisce anche come un lubrificante naturale.
L’infiltrazione può essere anche radioguidata, ovvero sotto guida ecografica quando, nelle fasi più avanzate, lo spazio articolare si riduce. La funzione dell’acido ialuronico, con caratteristiche di viscosità specifica per le piccole articolazioni, è proprio quello di ridurre l’infiammazione e di consentire la ripresa del movimento interrotto per il dolore.

Oggi si sente parlare sempre più spesso parlare di Medicina Rigenerativa e di Cellule Staminali.
Sono concetti di molto appeal nei confronti del paziente ma spesso usati in modo improprio. Rappresentano indubbiamente la nuova frontiera nella artrosi e alla luce dell’utilizzo e dei risultati ottenuti nel ginocchio anche nella Rizoartrosi l’iniezione intraarticolare di grasso autologo, ricco appunto di cellule staminali ( cellule in grado di produrre qualunque tipo di tessuto e quindi anche il tessuto cartilagineo usurato dall’artrosi) è una pratica che si sta diffondendo con l’obiettivo di ritardare la terapia chirurgica. (Autologus Fat Transfer for Thumb Carpometacarpal Joint Osteoarthritis: a prospective Study. C. Herold, et al., Plastic and Reconstructive Surgery, August 2017.
Autologus Fat Injection versus Lundborg Resection Arthroplasty for the treatment of Trapeziometacarpal Joint Osteoarthritis. H.C. Erne, et al., Plastic and Reconstructive Surgery, January 2018 )
Dopo il recente 1° Corso Nazionale dell’accademia del Lipofilling l’evidenza di recenti studi propende a ritenere vincente la frazione “vasculo stromale” del tessuto adiposo, contenente vari tipi di cellule ( tra cui staminali, periciti, etc. ) ma la regolamentazione non è ancora chiara riguardo la manipolazione di questa frazione vasculo stromale, mentre è consolidato ormai l’utilizzo autologo ed intraoperatorio del tessuto adiposo in Chirugia Plastica, ma applicato con una “funzione omofunzionale trofica e protettiva strutturale, che è la funzione connettivale del tessuto adiposo, quindi con una funzione biomeccanica e non rivendicando una funzione rigenerativa diretta. ( Milano update 2019 in Chirurgia Rigenerativa, San Donato Milanese 7-8 febbraio 2019 )

Può essere utile certificare l’infiammazione prima di una infiltrazione? La diagnosi di quadro infiammatorio per le forme piu comuni di Artrosi o Artrite è soprattutto clinica e ricorrere sistematicamente ad indagini come l’ecografia o la RM non sembra rientrare nelle raccomandazioni dell’EULAR, a parte la maggior accuratezza che si raggiunge nell’esecuzione radioguidata in articolazioni particolarmente deformate dal processo artrosico, dove far penetrare l’ago nello spazio articolare deformato senza provocare dolore richiede una certa esperienza oppure, appunto, l’aiuto dell’ecografo e di un sistema di trazione con cui allargare lo spazio ristretto dalla malattia per consentire al radiologo di “fare centro al primo colpo” . ( EULAR recommendations for the use of imaging in the clinical management of peripheral joint ostheoarthritis. Ann Rehum Dis, April 2017)

Nelle fasi iniziali diventa importante anche individuare il tutore ottimale per “ mettere a riposo” le articolazioni alla base del pollice. Solitamente al paziente viene consigliato l’acquisto di un tutore generico per polso e 1° dito incluso, spesso di materiale plastico, poco confortevole perché le deformità sono le più diverse. Il tutore deve essere confortevole e comprendere, se necessario, anche le articolazioni vicine alla trapeziometacarpale che partecipano a creare la deformità di quella specifica Rizoartrosi. Il tutore deve consentire al paziente di svolgere adeguatamente le normali attività quotidiane e anche attività lavorative che non richiedono l’uso particolare della mano. Al paziente possono essere poi prescritte sessioni di terapia della mano basate su esercizi di pinza e presa per cercare recuperare una corretta posizione funzionale del pollice. ( Predicting outcome after Hand Orthosis and hand therapy for thumb Carpometacarpal Osteoarthritis: a prospective Study. Tsehaie J. Et al. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation. 2018 )

Tutto questo fa parte del “Pacchetto artrosi” che offriamo al paziente artrosico.

Quando la Rizoartrosi invece si presenta in una fase avanzata, con dolore persistente anche a riposo e una limitazione della funzione nelle normali attività quotidiane è lo stadio radiologico ( che si individua con una particolare proiezione radiografica ) che influenza il percorso decisionale terapeutico seguendo un semplice algoritmo. (https://chirurgiadellamanobrescia.it/wp-content/uploads/2019/01/soluzioni_per_la_rizoartrosi-1.jpg).
Si va dalla resezione dei soli capi articolari coinvolti nel processo artrosico e al riempimento dello spazio residuo con “spaziatori” di materiale biocompatibile. Oppure, se il processo artrosico coinvolge tutte le articolazioni che circondano il Trapezio l’intero trapezio deformato dal processo artrosico dovrà essere rimosso: in tal caso lo spazio da riempire sarà maggiore e si potranno utilizzare anche in questo caso spaziatori biocompatibili più voluminosi, ma l’intervento più affidabile rimane quello “biologico”, tecnica che utilizza un proprio tendine che, oltre a riempire lo spazio lasciato libero dalla rimozione del trapezio, avrà anche il compito di “stabilizzare” la base del pollice con tecniche definite di “tenosospensione”.
Oggi, per definire meglio lo stadio della Rizoartrosi è consigliabile l’esecuzione di una Tac “cone beam” ( che sono solito prescrivere indicando le modalità per ottenerla rapidamente, anche con il SSN ) esame che ad altissima risoluzione ma bassissima esposizione radiologica rispetto alla Tac tradizionale, consente lo studio tridimensionale completo delle articolazioni coinvolte nella Rizoartrosi e al chirurgo di individuare esattamente la sede del dolore per individuare la strategia chirurgica più appropriata. (https://chirurgiadellamanobrescia.it/wp-content/uploads/2019/01/soluzioni_per_la_rizoartrosi-1.jpg).

Artrosi delle articolazioni MF, IFP, IFD.

Lo stesso discorso si può fare anche per le piccole articolazioni delle dita: possono essere sostituite da protesi altamente biocompatibili utilizzando materiali rigidi come il pirocarbonio oppure materiali flessibili come il silicone e questo in base alle esigenze funzionali del paziente, al grado di distruzione ossea e in base al dito colpito, se più coinvolto in una pinza con il pollice oppure nella prensione globale a pugno. Oppure le articolazioni delle dita possono, come per il polso, essere “bloccate” con una artrodesi per la quale vengono utilizzati semplici fili metallici o più costose viti o impianti intramidollari che rendono però stabile l’articolazione in tempi più rapidi. I vantaggi e gli svantaggi devono essere ben trasmessi e compresi dai pazienti, soprattutto in questo campo della chirurgia della mano che sconfina nella chirurgia degli inestetismi.
Argomento molto sentito è infatti rappresentato proprio dagli inestetismi delle dita che sono solitamente sempre i segni di un inizio di artrosi, ma che è da sempre fonte di una preoccupazione particolare sia per le donne che per gli uomini, per la definizione “deformante” che spesso viene accomunata alla artrosi. Questi inestetismi delle dita della mano possono essere costituiti da piccole cisti provenienti dall’articolazione, definite cisti mucoidi, e sono spesso purtroppo anche molto dolorosi e richiedere anche l’asportazione chirurgica.

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