Diagnosi precoce con esclusione di altre possibili cause o problematiche concomitanti grazie ad Rx della mano.
Ecografia mirata che può giustificare una infiltrazione di cortisone o di acido ialuronico nel punto in cui i tendini faticano a “rientrare” nella loro puleggia o un ciclo di fisioterapia ( tecar, laser, ionoforesi, ultrasuoni ).
Mettere a “riposo” il tessuto infiammato che circonda i tendini con un tutore dedicato, da usare preferibilmente di notte, quindi ben tollerato dal paziente ( Fast, modello A1 ).
Se il disturbo dovesse persistere, il semplice intervento di puleggiotomia ( “apertura” della puleggia ) in an. locale può risolvere in modo definitivo la problematica.

Fig. 1a, 1b : Il dito a scatto si tratta convenzionalmente con una infiltrazione di cortisone praticata nella sede dello scatto. Tale pratica può essere risolutiva, ma praticata senza una indagine strumentale può essere a volte poco efficace come effetto, perché poco duraturo ( lo scatto si ripresenta a distanza variabile dalla infiltrazione). Inoltre vi è l’inconveniente di avere la presenza di un farmaco con effetto retard nella sede di una eventuale incisione chirurgica, se il gesto chirurgico dovesse diventare una successiva precoce opzione.




Fisiopatologia del dito a scatto

Fig. 2a 2b : Il meccanismo traumatico continuo che i tendini subiscono nel passaggio attraverso la puleggia più spessa del canale digito-flessorio determina il progressivo ingrossamento fino a che il dito non rimane bloccato in flessione, e questo perché il passaggio “forzato” in estensione ( questa a volte la si ottiene con l’altra mano ) provoca sempre più dolore. Questo avviene il più delle volte al mattino per la posizione di flessione prolungata che le dita assumono durante la notte ed è frequente che il paziente riferisca di svegliarsi con il “dito piegato nel palmo”. È in questa fase che un approccio conservativo con tutore finalizzato a ridurre i traumatismi continui legati al passaggio dei tendini al di sotto della puleggia e soprattutto ad evitare che di notte la parte ingrossata del tendine si porti a monte della puleggia, con un edema conseguente per la posizione obbligata che colpisce una parte di tendine già infiammata. Un ciclo di fisioterapia associata può partecipare a ridurre lo stato infiammatorio locale e il dolore.

Fig. 2c : A volte oltre all’ingrossamento dei tendini anche la sottile membrana sinoviale che li ricopre rimane coinvolta nel processo infiammatorio e si ingrossa al punto da diventare essa stessa motivo del blocco. In questa fase, se l’ipertrofia della membreana sinoviale ( “tenosinovite” ) prevale sull’ingrossamento tendineo, è possibile apprezzare anche, o solamente, un “crepitio” durante la flesso estensione del dito.
E’ in questa fase, soprattutto se documentata da un esame ecografico, che si può ritenere giustificata una infiltrazione mirata di cortisone o di acido ialuronico, associata sempre al “riposo” sui tessuti determinata dall’uso del tutore almeno di notte.

Fig. 2d, 2e A volte il paziente giunge alla osservazione clinica con il dito “bloccato” in flessione da giorni o mesi, e l’intervento diventa un gesto inevitabile senza tuttavia garantire il completo recupero dell’estensione del dito. L’intervento chirurgico, della durata di una decina di minuti, consiste nel praticare, in anestesia locale, l’apertura della puleggia affinchè il dito possa ripercorrere il movimento di estensione senza più che i tendini possano bloccarsi all’imboccodella puleggia stessa. Il paziente può riprendere da subito l’uso della mano evitando manualità che richiedono la prensione di oggetti tra le dita e il palmo.
Nel caso il paziente dovesse presentare una certa difficoltà a recuperare l’estensione completa del dito, si potrà utilizzare il tutore stesso come tutore statico-progressivo ( Fast, Modello A1 ) o statico dinamico per una riabilitazione analitica praticabile dallo stesso paziente. ( Fast, Modello B1 )

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