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La Placca Spannig: un nuovo concetto?
Pier Paolo Borelli
In occasione della FESSH virtuale 2020 tenutasi a Basilea Edwrads Scott ha aggiornato il concetto di Placca a Ponte durante un Simposio sul Tema organizzato della Medartis: Quando? Perché? Come ?. (La registrazione è disponibile on line per chi si è registrato al Congresso)
Conosciamo ormai quelle che sono le possibili complicazioni del FE:
- Fratture iatrogene del 2° metacarpale
- Lesione del ramo superficiale del n. radiale
- Infezione del tramite delle fisches che richiede la rimozione precoce del FE
- Sindrome algodistrofica da eccessiva distrazione
- Rigidità articolare di polso e dita
- Pseudoartrosi di radio
Da qui è nato il nuovo concetto della placca a “ponte” che funziona in pratica come placca di distrazione in neutralizzazione, in pratica come un Fissatore interno.
Quali sono i vantaggi della Spanning Plate?
- Applicazione relativamente mini-invasiva
- Mezzo di sintesi più stabile del FE
- Elimina i problemi dell’infezione o della irritazione cutanea a livello del tramite delle fisches
- Mezzo di sintesi meglio tollerato del FE
- Richiede Una minor distrazione articolare e questo comporta una miglior motilità delle dita e riduce la comparsa di algodistrifia
- Consente una migliore e precoce ripresa della motilità articolare una volta rimossa la placca dopo 3-4 mesi.
- Perfetto sostegno della frattura con automatica riduzione della scomposizione volare o dorsale del radio distale
- Ottima stabilità del montaggio e quindi durata del montaggio stesso che dipende dalla decisione del chirurgo in base al monitoraggio radiologico e alla qualità ossea.
- Consente un carico precoce dell’arto superiore e quindi utile nei politraumatizzati e negli anziani che solitamente usano stampelle per la deambulazione
- La stabilità del montaggio può essere ulteriormente aumentata con sintesi miniinvasiva ( Viti, miniplacche, fili di K ..) o innesti ossei
Le indicazioni della Spanning Plate:
- Fratture altamente comminute della meta-epifisi distale di radio
- Fratture articolari con estensione diafisaria della frammentazione
- Fratture molto distali dell’epifisi in toto difficilmente gestibili con i mezzi di sintesi di ultima generazione
- Fallimenti della sintesi della faccetta lunata
- Fratture con bassa qualità ossea o osteoporosi franca
- Fratture-lussazioni della radiocarpica
- Fratture del radio distale in politraumatizzati
- Pseudoartrosi di Radio
Tuttavia anche nelle Placche a Ponte si devono riconoscere complicazioni possibili come:
- Intrappolamenti dell’estensore lungo del pollice nella sintesi sul 3° metacarpale, lesione del ramo superficiale del nervo radiale nella sintesi sul 2° metacarpale, frattura del metacarpale per esecuzione eccentrica dei fori, mobilizzazione della placca e vizio di rotazione.
In ogni caso il carico sul polso viene consentito più precocemente che in un FE e la placca viene rimossa solitamente dopo 3-4 mesi.
Le prime pubblicazioni sulle placche a ponte risalgono al 2005 ( Ruch JBJS 2005 ). Altri autori le hanno raccomandate nelle fratture altamente comminute nei pazienti anziani ed osteoporotici ( Richards JHS 2012 ).
Scott Edwards sostiene che le Placche Spanning siano da considerarsi la tecnica più efficace per il trattamento delle fratture difficili di radio distale complicate da severa comminuzione, osteopenia, marcata instabilità e nei pazienti politraumatizzati. In queste situazioni si pongono come alternativa al FE.
Edwards Scott ( Direttore della Hand Upper Extremity and Microsurgery Felloship Univeristy of Arizona, Phoenix ) è sempre stato il chirurgo abbinato al concetto della Placca a Ponte, placca che l’anno scorso ha festeggiato i 20 anni di utilizzo negli Stati Uniti. Nel resto del mondo il concetto della placca a ponte non ha mai trovato terreno fertile. Per anni la maggior parte dei Chirurghi del Polso non ne erano nemmeno a conoscenza. Dobbiamo ad Edwards Scott, che possiamo considerare il paladino di questo concetto nel continente Europeo per le sue frequenti partecipazioni a Corsi e Simposi sul tema delle Fratture di Polso organizzati dalla Medartis, se la Placca Spanning si è trovata una sua nicchia nel già vasto panorama di mezzi di sintesi per il radio distale.
Si può utilizzare il 2° o il 3° metacarpale a seconda della direzione della sede e della scomposizione dei frammenti.
Si opta per il 2° metacarpale nelle fratture comminute dello stiloide radiale e nelle frammentazione metafisaria radiale, mentre si opta per il 3° metacarpale nelle fratture della colonna intermedia, della faccetta articolare lunata, nella eccessiva scomposizione dorsale o traslazione ulnare.
Ora la Placca Spanning viene presentata in un modello retto ed in un modello che consente al Polso di essere immobilizzato in modica estensione ( 18° per l’esattezza ) per sfruttare al meglio il vantaggio di lasciare le dita libere di muoversi e di esercitare al meglio la prensione. Ed è quello che è successo nell’evoluzione delle placche da artrodesi che trovano oggi nella placca modellata per dare una estensione al polso la condizione per la prensione migliore.
E questo aspetto è oltremodo importante nell’utilizzo della Placca Spanning in pazienti anziani o poli traumatizzati costretti all’uso di stampelle.
Si presenta inoltre anche con un modello che consente di essere più agevelmente “passata” al di sotto del 4° compartimento retinacolare degli estensori. Dobbiamo in effetti considerare che l’asse del 3° metacarpale e del 4° compartimento retinacolare non sono allineati con l’asse della diafisi radiale e se si usa una placca “retta” la placca allinea forzatamente la diafisi del metacarpale sul radio, saltando letteralmente addosso al tubercolo di Lister e l’estensore lungo del pollice spesso ne paga le conseguenze con un conflitto che può richiedere a volte l’apertura del 3°canale. Nel modello retto possiamo avere anche difficoltà nello scivolamento prossimale della placca, determinare la dislocazione di frammenti dorsali o essere in una condizione di eseguire fori eccentrici nella diafisi del metacarpale con il rischio di provocarne la frattura. Edwards Scott, in occasione della FESSH 2020 di Basilea, ha mostrato come il problema di bypassare il Lister con una placca retta non esiste se si usa il 2° metacarpale come stabilizzazione ma esiste se si usa il 3° metacarpale. La nuova placca curva ( snake plate ) non costringe un allineamento “innaturale” del 3° metacarpale sul radio che comporterebbe i problemi sul tendine ELP che circonda il Lister ma li bypassa, circondando il Lister e trovando comunque l’asse naturale del radio per la stabilizzazione prossimale appropriata. Per ultimo il miglioramento tecnico ha interessato la dimensione delle estremità, lo spessore minimo e la dimensione ottimale delle viti in titanio G4 da 2,4mm, con la possibilità di essere maschiate alle estremità della placca per facilitare nell’osso corticale il passaggio della vite.
Lauri, insieme ai colleghi del SODc Chirurgia e Microchirirgia ricostruttiva della Mano-AOU Careggi di Firenze, ha interpretato a modo suo il nuovo che avanza.
Ha utilizzato un sistema di trazione verticale con il quale ha potuto verificare con fluoroscopio l’effetto della trazione distribuita o sulla colonna radiale ( finger trap sul 2° dito) o sulla colonna intermedia ( finger traps sul 2° e 4° dito ) sulla frammentazione ed optare così per la stabilizzazione distale della placca sul 2 o sul 3 metacarpale grazie al quadro fluoroscopico del recupero della lunghezza radiale e della riduzione della superficie articolare. A questo proposito come Scott ha mostrato, ha cercato di ottenere la riduzione della superficie articolare con fili di K percutanei.
In effetti sottolineo che la riduzione della superficie articolare è migliorabile anche con viti percutanee o praticando mini accessi aggiuntivi che consentono l’utilizzo dei mezzi di sintesi di ultima generazione secondo il concetto della FSF.
Certo che se si utilizza il Sistema di Trazione non è più necessario modificare la posizione del Polso per il controllo fluoroscopico nei 2 piani ortogonali ( la trazione, è aggiustabile micrometricamente senza quindi il rischio di scomposizioni grossolane in itinere) e per ottenere la riduzione ottimale basta appoggiare la placca retta o curva e verificarne la posizione: in questo caso Lauri ha optato per la placca retta modellata (estensione di 18°) e un fissaggio distale al 3 metacarpale. Ha potuto verificare inoltre per via percutanea anche la posizione corretta della placca sul 3° metacarpale e sulla diafisi radiale, stabilizzata con fili percutanei, prima di praticare gli accessi chirurgici.
Accettando come ottimale la riduzione ottenuta con quella distrazione, il concetto base della ligamentotaxis in neutralizzazione è stato rispettato, evitando la tanto temuta “overdidtraction” fonte di una serie di problemi che tutti conosciamo e che in un osso osteoporotico sono più inclini a manifestarsi.
A quel punto eseguire in posizione verticale gli accessi mini-invasivi alla diafisi del 3 metacarpale e alla diafisi radiale è stato automatico, soprattutto perché nella posizione di P/S neutra offerta dal sistema di trazione, si sfrutta al meglio la ligamentotaxis.
Qui viene subito da pensare al rischio che avrebbe comportato la scelta del FE, spesso bloccato in una posizione di deviazione ulnare, considerando inoltre il fatto che 2 generose incisioni vengono comunque richieste per evitare alcune delle note complicazioni del FE.
Queste mie riflessioni non vogliono mettere la placca a ponte in competizione con il FE, che nella sua rapidità di applicazione in condizioni di Emergenza non ha rivali, ma vuole riconoscere a questo relativamente “nuovo concetto” della placca a ponte i suoi Punti di Forza.
Nel caso di Lauri, magistralmente gestito, metto in evidenza quello che a mi avviso è la principale caratteristica della placca a ponte: l’effetto buttress dorsale sul frammento distale del radio che si “appoggia” naturalmente su questo stabile sostegno, che lo modella in quella posizione. La vite aggiunta da Lauri consideriamola la “chicca” per il sostegno anche della superficie articolare, anche se con la placca bloccata sopra e sotto, diciamolo, i rischi di un cedimento della “lunghezza sono inferiori rispetto al FE monoplanare.
In sostanza sembra che tra La Placca Spanning, magistralmente utilizzata da Lauri, e il multifunzionale Sistema di Trazione il connubio possa avvenire con buoni presupposti biomeccanici!
Il punto sulle fratture complesse del Radio Distale
Davide Bazzoni
Sia la presentazione che le Tue riflessioni sono molto precise e totalmente condivisibili.
Contengono ottimi dettagli di tecnica e puntuali indicazioni chirurgiche all’utilizzo delle Spanning Plates.
Sulle indicazioni mi trovo totalmente d’accordo.
Ti dico solamente quale e’ la mia personale “visione” per l’utilizzo delle Spanning.
Credo che siano fondamentali nell’ambito di quel grande capitolo delle fratture complesse e “non ricostruibili” di radio distale (personalmente nel tempo mi sembra siano aumentate e molto piu’ frequenti, forse perche’ ormai il trattamento chirurgico delle fratture di radio distale e’ una routine e vogliamo sempre concludere “bene” il nostro trattamento chirurgico).
Per quanto mi riguarda, i pazienti sopra i 70-75 anni, con fratture complesse non ricostruibili, le sottopongo a impianto protesico (endoprotesi di Herzberg), con ottimi risultati funzionali (comunque un mese di immobilizzazione per consentire l’integrazione della protesi e la guarigione delle parti molli, violentate durante il posizionamento della protesi).
Rimangono i pazienti sotto i 70-75 anni dove e’ impensabile impiantare una endoprotesi, ma dove talvolta ho dovuto fare delle artrodesi d’emblee con innesto da cadavere; oppure pazienti anziani con fratture non particolarmente complesse o scomposte, ma un poco frammentate a livello articolare che, anche se operate bene, hanno una tendenza nel tempo a “sedersi” con perdita dei buoni rapporti articolari ottenuti in sede intra-operatoria; oppure fratture dove penso di fare doppio accesso e “double plating” ma a livello dorsale trovo perdita di sostanza articolare.
Direi che per tutte queste (e non me vengono in mente altre, ma col tempo si troveranno) le Spanning Plates rappresentano una soluzione non alternativa ma “migliorativa” rispetto al fissatore esterno, poiche’ alla distrazione articolare molto piu’ accurata e regolabile, aggiungono l’effetto buttress sul versante dorsale cosi’ prezioso nelle fratture complesse, non sempre risolvibile con una sintesi dorsale senza distrazione.
Quindi queste nuove placche non andranno a togliere casi al fissatore esterno ma anche a sintesi complesse , volari e dorsali, con prevedibili scarsi risultati.
Altro elemento fondamentale e’ il mantenimento di una funzionalita’ accettabile della mano che consente di riflettere sull’evoluzione della guarigione, magari apportando piccoli correttivi, con sintesi a minima o, come suggerisci, con tecniche fragment specific, senza dover arrivare per forza alla rimozione totale del fissatore, a tempo determinato.
Aggiungo che anche io sapevo da tempo che in USA utilizzavano questo tipo di tecnica e che ho sempre cercato di avere la placca Spanning della Acumed, ma non la importavano.
Quando ho visto quelle della Medartis, le ho chieste subito, conscio del fatto che saranno di grande aiuto per il mio lavoro.
Grazie ancora, a presto.
Guarda anche la News sulle Fratture Complesse del Radio Distale (un sondaggio italiano)