Alla ricerca di un consenso su un argomento ancora dibattuto.

Perché ricercare un consenso tra artroscopisti, criticati a volte di overtreatment, e chirughi del polso che ancora praticano una chirurgia tradizionale, anche se sempre più mini-invasiva ?

E’ giunto, a mio avviso, il momento di stabilire lo stato dell’arte su un argomento ancora dibattuto perchè chi viene definito “esperto” in ambito congressuale si trova nella posizione di dover mandare un messaggio di cosa è considerato corretto, e cosa non corretto, allo stato attuale delle conoscenze. Soprattutto per il paziente e per evitare delicate questioni medico-legali. Chi partecipa ai sempre più numerosi Congressi o Corsi, base o avanzati, Cadaver labs .., deve ricevere tuttavia un messaggio che si correli anche alla realtà che lui vive. Che per qualcuno sia approriato indicare certe strade in base alla sua esperienza sta nello spirito delle discussioni che si accendono in ambito congressuale, ma dobbiamo considerare che non tutti possono permettersi i costi di certe tecniche o di aver superato la curva di apprendimento necessaria per sentirsi sicuri di applicarle sui loro pazienti.

La discussione che si è accesa nella chat di wa, World of Wrist, proprio sulle lesioni ulnari associate alle fratture di Radio, è un esempio di quanta delicatezza ed importanza richieda dare indicazioni di trattamento su problematiche così delicate ed importanti per i pazienti. È stato per me molto interessante constatare che anche tra chi è super esperto in artroscopia, qualcuno considera ancora corretto un approccio chirurgico aperto a certe lesioni associate, indipendentemente dai riscontri artroscopici, come pure ritengo ancora corretto un approccio aperto mini-invasivo d’amblè, che ancora oggi viene praticato da molti esperti colleghi di chirurgia del polso, penso non solo in Italia. Detto questo, appare evidente che il trend di trattamento sia quello prevalentemente artroscopico, ma si deve dare il tempo necessario affinchè le nuove conoscenze prendano piede nella realtà di tutti.

E nella realtà di tutti vi sono centinaia di fratture di polso ( articolazione che comprende radio e ulna, come ha sottolineato Atzei, in quella sede congressuale ) che richiedono di essere trattate “correttamente ” per quanto riguarda anche le problematiche associate come, appunto, una instabilità della RUD che persiste dopo una sintesi del radio. Tutti dovrebbero saper trattare una frattura di Polso correttamente, in acuto, per evitare di demandare ad altri il trattamento di una instabilità sub-acuta o, peggio ancora, cronica della RUD.

Non tutti hanno la possibilità di collaborare nella loro attività chirurgica con chirurghi esperti in artroscopia, come il sottoscritto che, oltre ad averla utilizzata come uno strumento sia diagnostico che terapeutico per tanti anni, ha collaborato per gran parte della sua crescita professionale prima con il Dr. Luchetti e il Dr. Atzei ed ora con il Dr. Fagetti e il Dr. Carità. Eppure a volte, proprio negli ultimi anni, si decide insieme, ancora oggi, per un accesso aperto a certe problematiche che in letteratura vengono proposte rigorosamente con tecniche artroscopiche. Per entrambe le opzioni siamo certi che ció avviene in totale coscienza che sia la strategia corretta per il paziente. Nella fattispecie, ovvero per le lesioni della Radio Ulnare Distale associate alle fratture del Radio distale, sarebbe imperdonabile invece non riconoscere un problema e lasciare non trattata una lesione che merita il suo trattamento in acuto. Dopo la discussione sull’argomento che si è svolta in occasione del Corso Gomito-Polso che si è tenuto all’ICLO di Verona lo scorso Marzo, e che ha riunito due Gruppi scientifici che fino ad ora erano stati collegati, appunto, da una “membrana interossea”, mi sono proposto di trovare un consenso sullo stato dell’arte del trattamento delle instabilità della RUD nelle fratture di Polso: cosa è corretto trasmettere a chi tratta ogni giorno queste fratture alla luce delle conoscenze attuali e delle evidenze scientifiche?

La mia proposta, in quell’ambito congressuale, di trattare una frattura di Galeazzi, con segni clinici di Instabilità della RUD, con un accesso chirurgico dorsale, che comunque trova ancora oggi il suo razionale nei lavori di Marc Garcia-Elias, voleva essere un po’ provocatoria: la mia intenzione era

dimostrare che si possono risparmiare le strutture anatomiche definite stabilizzatori secondari per riparare correttamente gli stabilizzatori primari coinvolti nella lesione. La componente profonda della Tfc è stata reinserita e la capsula dorsale ricostruita correttamente in sospensione sul legamento RUL dorsale, riportato nella giusta tensione. Era un messaggio rivolto ai colleghi che non hanno ancora padronanza della tecnica artroscopica nel polso ma che devono gestire, nel loro quotidiano numerose fratture di polso.

La spontanea domanda di un Collega di Roma, esperto di Chirurgia del Gomito, che poneva la questione se un trattamento incruento in apparecchio di immobilizzazione non avrebbe portato allo stesso risultato del trattamento chirurgico proposto nel mio caso clinico sulla RUD, mi ha spinto ad approfondire quale dovrebbe essere l’approccio appropriato per tutti quelli che si occupano di fratture di Polso, alla luce delle attuali conoscenze.

Certo, ritengo che nel caso proposto sarebbe stato altrettanto corretto eseguire un bilancio artroscopico di conferma che la TFC era realmente responsabile di quel ballottamento in P e S, prima dell’accesso dorsale. Come sarebbe stato altrettanto corretto reinserire la Tfc nella fovea artroscopicamente, per chi padroneggia la tecnica artroscopica. Forse con la artroscopia avremmo potuto evidenziare lesioni più estese, del versante palmare del complesso TFCC, ad esempio? Forse. Ma la nostra esperienza personale ( Dr. Fagetti, Dr. Borelli ) ci ha indotto ad eseguire questo accesso. A posteriori avremmo potuto testare l’instabilità della RUD, dopo la sintesi del radio, in deviazione radiale per essere certi che non vi potesse essere un compenso dell’EUC sulla instabilità testata con il ballottamento in S e P. Bisogna tuttavia considerare che una sintesi di radio così complessa aveva già richiesto un lungo tempo operatorio, e che un accesso dorsale, che richiede circa 15/20 min. da cute a cute, è stato ritenuto in quel momento l’indicazione migliore per il paziente, indicazione che si è rivelata appropriata per il suo buon recupero funzionale.

Quindi ora passiamo all’analisi della letteratura ( EBM ) e degli EBD.

Instabilità della RUD nelle Fratture di polso, Galeazzi-like: trattamento open o artroscopico o entrambi ? ( vedi video )

La relazione si è posta come obiettivo la ricerca di un consenso sul corretto trattamento della eventuale instabilità della RUD dopo la sintesi del radio, alla luce delle attuali conoscenze e del trend degli ultimi 12 anni.

Queste sono le mie conclusioni, che ho comunque già condiviso con alcuni colleghi, esperti di Chirurgia del Polso e anche esperti di tecniche di Artroscopia di Polso.

Per fortuna se la riduzione del radio è anatomica ( parlo sempre di fratture Galeazzi-like, quelle da sintesi con placca volare di radio e non delle fratture articolari, marginali, pluriframmentarie.. ) la maggior parte delle fratture di polso non presenta instabilità della RUD dopo la sintesi di radio ed è possibile non fare altro che una immmobilizzazione. Il tipo di immobilizzazione dipende dall’energia del trauma e dagli indicatori radiologici preoperatori di instabilità della RUD: fare un sugar-tong, quindi un apparecchio che comprenda il gomito, in posizione di rotazione intermedia o in leggera supinazione potrebbe essere comunque corretto.

Ma alla luce delle attuali conoscenze anche in questi casi è altrettanto corretto, dopo la sintesi di radio, per chi ha in mano l’artroscopia come strumento sia diagnostico che chirurgico, fare un bilancio artroscopico ed eventualmente indirizzare il percorso riabilitativo in relazione ai reali riscontri artroscopici, oltre che agli indicatori preoperatori di instabilità della RUD, che comunque ti aiutano a considerare l’entità delle lesioni associate, anche senza un bilancio artroscopico.

Ma se nel radiogramma preoperatorio sono presenti tutti gli indicatori per prevedere una instabilità della RUD ( accorciamento del radio, traslazione radiale, angolazione dorsale, diastasi radio-ulnare ), se dopo la sintesi del Radio il test del ballottamento è positivo sia in Pronazione che in Supinazione,

è corretto intervenire direttamente con un accesso chirurgico alla fovea, ( dorsale sec Garcia, o dal 6° compartimento come suggeriscono Nakamura e Abe, o volare alla fovea, come pure suggeriscono Marc-Garcia e Nakamura, come descritto nel video ) per esporre la fovea e reinserire la tfc, esattamente nella fovea.

Come è altrettanto corretto, sempre a fronte di una instabilità della RUD, dimostrata dal test del ballottamento positivo dopo la sintesi di radio, portare il polso in verticale per un bilancio artroscopico e decidere, in base ai riscontri artroscopici, come trattare le lesioni associate.

La discussione (a mio avviso molto indicativa dell’attuale trend mondiale, che si è svolta nell’ambito della chat World of Wrist nata su wa dall’intuizione di Lucian Marcovici) su come gestire una frattura del radio distale che ha richiesto una sintesi con placca, mostra 2 differenti posizioni di approccio: alcuni colleghi ritengono consigliabile eseguire una valutazione artroscopica in ogni caso, anche in caso di Ballottamento negativo dopo la sintesi del radio, e decidere in base alle lesioni associate riscontrate appunto nel bilancio artroscopico. Altri, pur esperti artroscopisti, ritengono che il presupposto debba essere la corretta riduzione del radio ( altrimenti possibile causa di per sé di instabilità della RUD ): se dopo la sintesi del radio la RUD appare stabile in P e S è consigliabile non fare altro che una immobilizzazione in tutore morbido tipo Sugar-tong. Se la RUD è instabile in P ma stabile in S procedono ad una valutazione artroscopica per decidere la strategia: se la Tfc è disinserita dalla fovea, questa va reinserita, con una leggera preferenza per l’accesso dorsale rispetto alla reinserzione artroscopica. Se la RUD è instabile sia in P che in S preferiscono passare direttamente all’accesso dorsale perché spesso l’ECU e la capsula dorsale sono coinvolte nella lesione, oltre alla disinserzione foveale della TFCC che va pertanto reinserita. Immobilizzazione come sopra con polso in leggera supinazione (approccio di Radek Kebrle ).

Personalmente mi trovo in sintonia con la 2° impostazione al problema.

Nel video della Relazione ho riportato comunque l’opinione di altri colleghi esperti Chirurghi del Polso che hanno risposto sull’argomento “instabilità della RUD dopo sintesi di radio”.

Le variabili ossee in più a questo approccio sono proprio la frattura dello stiloide ulnare e la frattura dell’incisura sigmoidea. Mi limiterei a considerare solo la frattura di stiloide ulnare, per non entrare nel campo delle fratture articolari/marginali per le quali la sintesi con placca volare non rappresenta la prima opzione di trattamento.

Sappiamo che le fratture di stiloide ulnare si associano dal 55 al 65 % alle fratture del radio distale ( Sammer at al. JHS Am 2009; Bujize et al. JHS Am 2010) e che sono spesso associate ad una disinserzione foveale dell Tfc e quindi sono da considerare nel percorso decisionale di una possibile instabilità della RUD dopo la sintesi del radio. Ma è anche vero che se la sintesi di radio è stabile ed eseguita correttamente e la RUD è stabile le fratture di stiloide ulnare non influiscono di per sè sul risultato funzionale e possono essere lasciate non trattate ( Almedghio et al. JWS 2018; Clementsen et al. JBJS Open access 2021)

Se invece, in presenza di una frattura di stiloide ulnare, dopo la sintesi del radio il test del ballottamento è positivo, in particolare in supinazione, e si esegue una artroscopia di conferma, in questi casi è corretto eseguire una reinserzione della TFC nella fovea e lasciare non trattato lo stiloide ulnare.

Ma è altrettanto corretto eseguire la reinserzione della TFC con accesso chirurgico alla fovea ( Instructional book FESSH/IFSSH 2019 ).

Lasciare non trattata la frattura dello stilode ulnare o rimuovere d’emblée lo stiloide dopo la reinserzione della Tfc alla fovea o rimuovere lo stiloide in futuro, se dovesse creare problemi di conflitto o una pseudoartrosi dolorosa, è una decisione che dipende dall’esperienza del chirurgo.

Nel video della Relazione ho riportato comunque l’opinione di numerosi colleghi, esperti Chirurghi del Polso, che hanno dato la loro opinione sulla presenza di frattura dello stiloide ulnare nelle fratture di polso: come e se trattarlo ?

Come pure, ritengo, dipende dall’esperienza del chirurgo decidere, anche in assenza di instabilità della RUD dopo la sintesi di Radio, se lo stiloide ulnare è di grosse dimensioni, di procedere alla sua sintesi perché le probabilità di successo sono buone, e con lo scopo di non doversi confrontare nei mesi successivi con una pseudoartrosi dolorosa o un conflitto USI o combinato USI/UCI. Nel video presento un caso clinico relativo a questa situazione.

Ma se la frattura di stiloide è alla base, e contiene parte della fovea e quindi tutta la Tfc è connessa allo stiloide ( La Tac, preferibilmente cone beam, ritengo possa dare informazioni utili aggiuntive all’esame Rx !) ( Class 3 di Atzei ) è corretto, in caso di instabilità della RUD dopo la sintesi di Radio, eseguire d’emblée una sintesi stabile dello stiloide, preferibilmente stabile con tecniche di compressione ( Instructional book FESSH/IFSSH 2019 ). E’ consigliabile la posizione verticale del polso, con accesso chirurgico diretto sullo stiloide in rotazione neutra o in leggera supinazione ( sarà comunque automatico eseguire la riduzione e la sintesi dello stiloide nella posizione in cui la riduzione si rivela più appropriata ). Dopo la sintesi è consigliabile eseguire nuovamente il test del ballottamento, che deve confermare la recuperata stabilità della Rud, come solitamente avviene. Diciamo che l’esperienza del chirurgo, un accesso appropriato allo stiloide e le manovre che si adottano per eseguire la riduzione dello stiloide consentono di capire se ci troviamo di fronte ad una vera Class 3 di Atzei. Per l’immobilizzazione post operatoria un apparecchio gessato o un tutore tipo Sugar-tong in posizione di rotazione intermedia per almeno 3/4 settimane ( dipende dalla percezione di stabilità ottenuta dalla sintesi ), è consigliabile.

Ma è altrettanto corretto in questi casi ( frattura dello stiloide ulnare alla base ! ) far precedere alla sintesi dello stiloide ulnare un bilancio artroscopico che confermi la Class 3 di Atzei e che dimostri eventuali altre lesioni legamentose associate. A quel punto, con trazione rilasciata, si può procedere ad eseguire un mini-accesso centrato sullo stilode, con il polso in verticale e in rotazione intermedia o leggera supinazione, ed eseguire la sintesi stabile dello stiloide ulnare nello stesso modo di chi ha deciso di optare per la sintesi d’emblée senza un passaggio artroscopico. L’Immobilizzazione sarà identica come indicato sopra. Ricordiamo, come per la lesione isolata della Tfc, che a volte la guaina del ECU e l’ECU stesso sono coinvolti nella lesione periferica come riferito del Pinal, Nakamura, Kebrle.

Sappiamo comunque che altre lesioni legamentose intracarpali importanti ma occulte nei radiogrammi preoperatori ( ma che puoi ipotizzare dal decorso di una rima o dall’energia del trauma ) le puoi svelare con una fluoroscopia dinamica intraoperatoria, in deviazione U o R.

L’importante è riconoscere la propria abilità chirurgica ed i propri limiti. Chi oggi tratta, o meglio dà una indicazione chirurgica per una frattura di Polso, deve essere in grado di gestire tutte le sue problematiche correttamente, dalla sintesi stabile e corretta del radio alla eventuale instabilità residua nella RUD, in sostanza dall’inizio alla fine, e non deve lasciare non trattato un aspetto che affrontato in acuto sappiamo darà un altro risultato. L’artroscopia di polso non deve rimanere uno strumento diagnostico e basta. Oggi deve far parte dell’armamentario di un chirurgo del polso, che deve essere in grado di decidere in coscienza se e come passare alla chirurgia aperta, sempre più mini-invasiva. Il mondo per fortuna va avanti e non possiamo fermare il trend che letteratura e i congressi dimostrano con sempre maggior evidenza. L’artroscopia di polso come strumento e tecnica è indubbiamente il presente e il futuro, con velocità diverse da paese a paese.

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